THECODONTION / CEREMENTED – Split
Thecodontion e Ceremented sono due band tanto simili quanto diverse. Romana e nostra vecchia conoscenza la prima (il cantante G.E.F. è da qualche anno parte della nostra redazione), dell’Arizona e misconosciuta la seconda, le due formazioni arrivano a confezionare un EP per I, Voidhanger Records e Xenoglossy Productions che ha come filo conduttore la principale peculiarità di entrambe: l’assoluta mancanza di chitarre. Questa scelta strumentale e quella di orbitare attorno al death metal, però, sono gli unici punti di contatto tra i gruppi.
I Thecodontion arrivano a questa uscita collaborativa forti di un album in studio, Supercontinent, che nel 2020 aveva contribuito a mettere il nome degli allora due arcosauri sulla cartina. Un death metal primordiale, violento e ruvidissimo che, grazie alla mancanza di chitarre, aveva un sound decisamente particolare, oltre a un approccio testuale, legato al periodo triassico, davvero originale. Già l’anno successivo, lo split The Permian-Triassic Extinction Event con Vessel Of Iniquity rimescolava almeno in parte le carte in tavola, mostrando una band in espansione ed evoluzione: l’aggiunta di Valerio Primo (SVNTH) alla batteria e un songwriting più strutturato e maturo mostravano un ulteriore potenziale di crescita per la band romana. Avanti veloce fino al giorno d’oggi, i Thecodontion sono ufficialmente diventati un quartetto con l’ingresso di Leonardo Sapio al secondo basso, si avvalgono del talento di Jacopo Gianmaria Pepe (SVNTH, Bedsore) per registrazione e produzione e decidono di andare ancora oltre.
La proposta minimale, asciuttissima, tendente al war metal di Supercontinent in questo nuovo split prende una direzione completamente diversa, eppure perfettamente coerente. Non soltanto perché la competenza dei musicisti coinvolti è ovviamente cresciuta con l’andare degli anni, non solo grazie al lavoro di Pepe che aggiunge al suono una profondità e una varietà prima assenti, ma anche e soprattutto perché il songwriting di questi due nuovi brani (il terzo è una cover di Battiato, ma ci torno dopo) è di una maturità spaventosamente superiore. I Thecodontion oggi sono una bestia meno furibonda, più consapevole, che tuttavia non ha perso una briciola del proprio fascino, anzi. La decisione di incorporare gli effetti e i sintetizzatori di Stefano Allegretti, anche lui membro di SVNTH e Bedsore, aggiunge un’ulteriore dimensione alla musica dei ragazzi, che ora hanno un elemento in più tramite cui sviluppare la propria narrazione triassica. E non solo quella, perché appunto la grande sorpresa di questi tre brani è il terzo, in cui G.E.F. cede il microfono a G.D. e i tecodonti si cimentano in una cover preistorica de “La Torre” di Battiato. Omaggio imprevisto per certi versi perché una canzone di Battiato in salsa death metal senza chitarre è qualcosa che non si vede tutti i giorni, ma inevitabile per altri vista la profondissima passione di G.E.F. e dei suoi compagni per il Maestro. E il risultato finale è semplicemente spaziale: dinosauri antidiluviani che cantano di se stessi, in un gioco di meta-riferimenti colti e war metal allo stesso tempo. Aver deciso di far migrare l’arcosauro verso territori più ragionati è una scelta vincente sotto tutti i punti di vista, punto.
E i Ceremented? Autori di una buona prova a loro volta, i ragazzi di Phoenix si muovono in acque più torbide e paludose, avendo come riferimento il death-doom a stelle e strisce di Winter e Cianide. Anche loro privi di chitarre ma armati di doppio basso, a differenza dei ragazzi italiani puntano tutto sull’atmosfera opprimente e non si allontanano mai dal seminato. Il vero problema, se di questo si può parlare, è che in quasi dieci anni di attività non sono mai riusciti ad andare oltre la manciata di canzoni sparse tra split e demo, ed è un peccato, perché quello che fanno lo fanno molto bene. Il brano a chiusura del lotto in particolare, “Disease.Death.Kontrol”, che non è un titolo dei Revenge, è davvero spesso come un muro e perfetto nell’instillare inquietudine e disagio, e sarebbe bello vedere la band tagliare il traguardo di un album vero e proprio per poterne apprezzare le qualità sulla lunga distanza.
Lo split è piuttosto sbilanciato verso la prima parte: il quartetto italiano è troppo particolare e ha una visione troppo personale per non accentrare il maggior interesse, ma occhio a sottovalutare gli americani. Lontanissimi dalla visione preistorica dei Thecodontion, i Ceremented dipingono visioni mostruose e allucinate, anime disperate e un’apocalisse ineluttabile, e come i ragazzi di Roma raccontano l’origine della specie, così quelli di Phoenix ne tratteggiano la fine.