TRE CHIODI – Murmure
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Gruppo: | Tre Chiodi |
Titolo: | Murmure |
Anno: | 2016 |
Provenienza: | Italia |
Etichetta: | Overdub Recordings |
Contatti: | |
TRACKLIST
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DURATA: | 46:19 |
Che su "Murmure" ci sia tanto da dire lo si intuisce facilmente già solo con uno sguardo alla copertina e provando a dare a ciascuno di quei volti e corpi una propria individualità, rendendosi conto allo stesso tempo di come essi siano indissolubilmente fusi l'uno con l'altro a formare un unico viso. L'idea di base dei padovani Tre Chiodi è che ciascuna parte del nostro corpo abbia una voce e che sia possibile sentirla, se solo prestiamo attenzione.
«Il corpo […] ci parla, e se lo ascoltiamo possiamo ascoltare cose nuove.»
Nove sono le parti del corpo umano di cui il gruppo ha scelto di raccontare la storia; il nome stesso del disco si riferisce al «suono che fanno gli alveoli polmonari quando si schiudono per accogliere l'aria». Un vero e proprio concept che ci fa compiere un viaggio dentro noi stessi alla scoperta di voci che, pur appartenendoci, forse non conosciamo abbastanza o, in alcuni casi, affatto. Il primo a prendere la parola è "Trago", ovvero quella piccola parte dell'orecchio più vicina al cranio, davanti alla conca e al condotto uditivo esterno, spesso adornata da piercing: «Di' il mio nome, ammettimi, concedimi!».
La colonna musicale portante è costituita da una fusione di stoner, grunge, alternative rock e psichedelia; generi che costantemente si mescolano, fondono e sovrastano fino a formare un'unica massa di suono. La voce del cantante Enrico è piuttosto acuta, leggermente nasale e in generale non dotata del timbro tipico che di solito si incontra in questi contesti musicali; inizialmente l'ho trovata troppo estranea e mi sembrava che in qualche modo stonasse con tutto il resto, mentre man mano che ho proseguito con l'ascolto ho iniziato a percepirla in modo più omogeneo.
Il racconto prosegue con "Lingua", le parti vocali continuano ad alternare cantato e un parlato che si (im)pone come un monologo; ascoltando attentamente, però, possiamo accorgerci di come le nove storie interdipendenti collaborino per raccontarne un'altra ancora, vissuta non più solo dentro ma anche fuori: la relazione tra due persone, il loro rapporto che si evolve e attraversa alcune tappe. "Murmure" è inoltre ricco di ospiti che vanno ad arricchire la formazione base Babu-Enrico-Zilty e il primo (Mirko degli 8ful Strike) lo incontriamo nella terza traccia ("Anche"), per poi ritrovarlo nella penultima ("Colon"), quando il viaggio ormai sta per concludersi e il cantato si fa rapido, straziato, disperato.
Una batteria davvero pulsante è la caratteristica principale di "Cuore", un brano malinconico in cui la voce femminile di Folake (Hit-Kunkle) si unisce e si alterna a quella di Enrico, in un botta e risposta che poi diventa coro. Si avverte aria di crisi: «Crepa, crepa / La barca che abbiamo costruito crepa / Non vediamo più la terra che abbiamo abbandonato / E neppure quella in cui dovremmo essere già». Il rapporto di coppia attraversa un momento difficile, i sentimenti provati sono messi in dubbio, la strada di casa non si vede più e non c'è una terra sicura all'orizzonte verso la quale dirigersi. Uno dei due dovrà sacrificarsi per non far naufragare la barca e usare il proprio, di cuore, per tappare la falla.
In "Denti" i suoni e i testi si fanno aggressivi («Ti insegno io le buone maniere!»); Andrea dei Cento Scimmie presta la sua intensa ed espressiva voce nella traccia successiva, la vivace e strumentalmente articolata "Vertebra", di cui mi ha colpito particolarmente la frase «Non hai bisogno di far parte di una costellazione per essere una stella», una sorta di esaltazione dell'individuo per sé. Ancora un ospite, stavolta Il Reverendo degli Un Giorno Di Ordinaria Follia, nel brano "Orbite" — i cui stacchi hanno un sapore quasi prog — e, dopo la già citata "Colon", arriviamo ai "Capelli", l'atto finale in cui il confronto/scontro tra le due persone che cercavano di non far affondare la propria barca in "Cuore" si conclude. Uno dei due è rimasto solo «ad ascoltare il rumore dei propri capelli che crescono». In verità, le battute finali del brano recitano «Se ne sono accorti i vicini dall'odore / Se ne sono accorti i vicini dal mio silenzio» e fanno sospettare che il disco, in effetti, semplicemente si concluda con la morte del corpo, la cui storia — insieme a quella delle sue singole parti — diventa, in "Murmure", anche la storia di una coppia.
Di solito considero i testi in italiano un punto a sfavore di dischi incentrati su generi come quelli scelti e suonati dai Tre Chiodi, ma l'utilizzo della nostra lingua è in questo caso fondamentale per seguire gli sviluppi di una storia che probabilmente perderebbe di significato se cantata in inglese. In definitiva siamo davanti a un debutto originale e ricco di belle idee e collaborazioni esterne; anche i temi trattati sono attuali e, in un certo senso, parte di ognuno di noi. Cominciare la propria discografia con un concept è senza dubbio un lancio bello lungo, tuttavia promuovo assolutamente sia il disco che il gruppo, mentre resto in attesa di nuovo materiale targato Tre Chiodi con cui confrontarmi in futuro.