TURMION KÄTILÖT – Omen X
I Turmion Kätilöt — che dal finlandese si traduce grossomodo come le levatrici della rovina — giungono al ventennio di onorata carriera all’insegna dell’industrial metal, delle contaminazioni dance e della provocazione più oltraggiosa. Venti anni che hanno portato dalla nascita come duo per una produzione esclusivamente da studio al tonitruante presente attraverso beghe discografiche e concerti di dubbio gusto, tra pratiche BDSM e musicisti vestiti solo di nastro da carrozziere nei punti strategici. Con l’aggiunta di un infarto occorso al cantante MC Raaka Pee (al secolo Petja Turunen, ma nessuna parentela con altre più note colleghe) scrollato di dosso con una breve pausa e una sequenza di album di tutto rispetto che hanno riscosso un discreto successo in patria. La scelta di cantare quasi esclusivamente in finlandese ha rappresentato un ostacolo non da poco nella scalata al successo estero, ma il recente tour di spalla ai connazionali Nightwish può rappresentare una catapulta verso una notorietà ampiamente meritata.
La maturazione artistica già delineata dagli ultimi lavori Universal Satan e Global Warning si manifesta in modo ancora più marcato nel nuovo Omen X: abbandonate quasi del tutto le digressioni verso l’elettronica pura, il metal più estremo e amenità folk che facevano capolino dai primi lavori, le Levatrici presentano undici brani di industrial metal compatto e ben confezionato, che paga il dovuto tributo ai maestri Rammstein ma senza mai cadere nel plagio.
L’apertura “Totuus” ci accoglie con un beat smaccatamente hard bass che sfocia in un martellante assalto dance-metal trascinante e ispirato, che sarà denominatore comune di ogni singolo brano di Omen X. Episodi più cadenzati come “Pyhä Kolminaisuus” o “Verestä Sokea” sono distribuiti con arguzia da navigato DJ e rendono possibile ascoltare l’intero album come una scaletta di una distruttiva serata in discoteca. Palma di episodio più riuscito ex aequo per le scatenate “Gabriel” e “Sormenjälki”, due autentiche perle tra metal e dance anni ’90 che smuovono il piedino, poi la testa e poi se non presti attenzione ti faranno saltare per tutta la stanza. Notevole anche la conclusiva “Kuolettavia Vammoja” che strizza l’occhiolino a un certo Robert Miles.
Chi padroneggia l’idioma finnico potrà constatare come l’aver smussato gli aspetti musicali più ostici non abbia tolto vis polemica ai testi, che oscillano tra le visioni allucinate di “Puoli Valtakuntaa”, la rabbiosa follia di “Verestä Sokea” e una più generale visione distopica che culmina in “Isä Meidän”, caustica rivisitazione del Padre Nostro che constata il fallimento di ogni salvezza: «Padre nostro, che sei da qualche parte, sia dimenticato il tuo nome. Sia fatta la mia volontà, se ne vada il tuo regno».
La produzione privilegia il beat e i sintetizzatori — appannaggio di Janne Tolsa, già ammirato in Tarot ed Eternal Tears Of Sorrow — rispetto alle chitarre, come prevedibile, e fornisce l’impatto necessario pur peccando di una certa caoticità di fondo, da imputare probabilmente alla presenza di troppi strumenti allo stesso tempo. Il doppio growling, da sempre trademark del gruppo, viene sporadicamente affiancato da voci femminili, cori gregoriani, voci bianche e perfino vocaloid con l’evidente intento di fornire parti cantabili anche a un pubblico che non intenda giocarsi le corde vocali: missione ampiamente riuscita, perché la quantità di brani che resteranno in testa e ti troverai a canticchiare nei momenti meno opportuni è enormemente maggiore rispetto ai dischi passati.
Riassumendo, Omen X si pone non solo come un gradito assalto per chi è in astinenza da Dope Stars Inc., Eisbrecher e compagnia tunzeggiante, ma anche come album più diretto e potente nella carriera dei Turmion Kätilöt, e merita un ascolto da parte di chiunque apprezzi un minimo di elettronica e bazzichi questi aristocratici lidi. Probabilmente non siamo davanti a un capolavoro immortale né a un punto di svolta storico, ma sarebbe un delitto lasciarsi scoraggiare dalla barriera linguistica.