TZUN TZU – The Forbidden City
Gruppo: | Tzun Tzu |
Titolo: | The Forbidden City |
Anno: | 2020 |
Provenienza: | Australia |
Etichetta: | Lavadome Productions |
Contatti: | ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
TRACKLIST
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DURATA: | 19:00 |
Il nome dei deathster Tzun Tzu magari non sarà notissimo al pubblico italiano, ma il combo australiano non è certo nato ieri. Attivi dal 2003, questi ragazzoni di Adelaide giungono con il nuovo EP The Forbidden City alla nona fatica complessiva. Evidentemente i Nostri gradiscono molto la soluzione su corta distanza, dal momento che questa nuova opera rappresenta il loro sesto EP, a fronte di un solo full length. Il monicker, che deriva dal generale e filosofo cinese Sun Tzu, famosissimo per il suo scritto L’arte della guerra, evidenzia un chiaro interesse verso il mondo orientale: una tematica certamente curiosa e foriera di ispirazione, sebbene ancora non abusata nel mondo del death metal.
The Forbidden City in realtà presenta solo un inedito, ovvero la traccia che dà il nome all’EP. Gli altri due brani, “Kunoichi” e “Ko’Muso”, qui riadattati, avevano già dato il nome a due EP precedenti. La band australiana dimostra dunque di voler giocare tanto con la cultura cinese (“The Forbidden City”, cioè La città proibita, era l’abitazione degli imperatori che risiedevano a Pechino) quanto con quella giapponese. Kunoichi infatti è una ninja donna, mentre Ko’Muso si riferisce ai monaci del vuoto, ovvero i monaci buddhisti Zen della setta Fuke, noti per indossare copricapi composti da cestini di paglia intrecciati. Una certa somiglianza, in quanto a tematiche e aspetto sonoro, la possiamo rintracciare in formazioni come gli americani Ripped To Shreds o i giapponesi Gotsu-Totsu-Kotsu, altri fautori di questa unione tra death metal ed Estremo Oriente.
Va tuttavia specificato come le influenze orientali, al di fuori dei testi, non si manifestano nell’aspetto strettamente musicale, con due eccezioni: l’uso dello shamisen all’interno di “Kunoichi” e quello dello shakuhachi in “Ko’Muso”. Per il resto parliamo di puro e semplice death metal, eseguito però con grande cura e perizia tecnica. Spicca l’amore del gruppo per una certa tradizione old school (Autopsy, ma anche Cryptopsy), con brevi parti lente volte a inframezzare la furia di riff velocissimi in tremolo. Il cantato si propone in modo sporco, oscuro e gutturale, avvicinandosi non poco a lidi brutal death metal. C’è comunque una certa varietà nel platter, perché non mancano sezioni più atmosferiche ed evocative (“Ko’Muso”) e una lunga parte strumentale in “Kunoichi” che lascia all’ascoltatore un senso trionfale, imponente, dall’incedere per certi versi progressivo (termine comunque da prendere con le pinze).
Un EP molto piacevole dunque, che conferma le capacità degli australiani Tzun Tzu: chi li conosce saprà già cosa aspettarsi, chi non li aveva mai sentiti nominare potrà godersi una band death metal di livello con tematiche molto interessanti. The Forbidden City è stato pubblicato dall’etichetta ceca Lavadome Productions e rappresenta un’anticipazione di quello che sarà (finalmente!) il secondo disco del combo di Adelaide. Le premesse per divertirsi ci sono davvero tutte.