UNHOLD – Here Is The Blood
Altro giro, altra corsa sull’ottovolante di Czar Of Bullets, la divisione più malae della svizzera Czar Of Crickets Productions. L’etichetta gioca ancora una volta in casa, strizzando l’occhio al versante sludge e post-metal — col quale vi abbiamo un po’ martoriati ultimamente, lo ammettiamo, ma checcefrega — con gli Unhold: contrariamente ai connazionali e debuttanti Asbest, però, il gruppo di Berna non è certamente nuovo sulla scena, avendo praticamente la stessa età del sottoscritto.
Il nome della band è interpretabile in due lingue, la versione tedesca è la più intrigante, indicando un disadattato, qualcuno che non si trova a proprio agio nel mondo (come un po’ noi tutti, d’altronde). Questa traduzione ben si allinea con la tematica che serpeggia a livello lirico lungo tutto il lavoro: Here Is The Blood, il secondo capitolo discografico sotto forma di quintetto, dopo l’entrata di Miriam Wolf alla voce nel 2012, è infatti una sorta di denuncia, una lotta continua nella ricerca di quella verità che si cela dietro a conflitti, ingiustizie e al perenne giogo dei potenti del mondo.
La già citata Wolf è parte integrante di uno dei punti più forti del disco, le tre voci che, dipingendo un gradiente di sonorità, vanno dal delicato timbro femminile a quelli più decisi di Thomas Tschuor (chitarra) e Philipp Thöni (chitarra e basso), che si dividono apparentemente il ruolo sulle parti più sporche, sofferte e graffianti il giusto. La produzione eccellente permette di godere appieno del grande equilibrio strumentale e compositivo, che come da tradizione oscilla tra atmosfere intime e strutture schiacciasassi, come nel singolo “Deeper In”.
Un album denso di momenti degni di nota, dalla delicata introduzione di “Attaining The Light” al bel ritornello di “Convoy”, fino alla conclusiva e solenne “The Chronic Return”: questa è anticipata da “Altar”, contenente un monologo estratto da “Titicut Follies”, film-documentario di Frederick Wiseman che espone le condizioni di vita dei detenuti di un ospedale psichiatrico per criminali, in linea con il tono di critica sociale che permea l’opera. Sarebbe fuorviante, però, concentrarsi su quelli che sono soltanto degli esempi (per quanto ben rappresentativi) di un disco coeso, ben congegnato da una band che ha dalla sua l’esperienza necessaria per mettere a buon frutto l’arsenale creativo di cui dispone.
Here Is The Blood è un’opera che, di questi tempi, offre spunti di riflessione sulla situazione attuale, un po’ come accade al nostro LordPist perseguitato dai cambiamenti climatici (questa è solo l’ultima delle sue peripezie a riguardo). Da un punto di vista più frivolo, invece, possiamo semplicemente dire che si tratta di un gran bel lavoro che farà la felicità di chi va a braccetto con Neurosis, Isis e compagnia bella.