VAGRANT GOD – Vagrant God
Gruppo: | Vagrant God |
Titolo: | Vagrant God |
Anno: | 2012 |
Provenienza: | Norvegia |
Etichetta: | Secret Quarters |
Contatti: | |
TRACKLIST
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DURATA: | 45:31 |
Il nome Vagrant God ai più attenti conoscitori della scena doom porterà subito alla mente il brano dei Funeral, band norvegese che nel 2007 pubblicò quello che tuttora reputo il loro capolavoro, parlo di "From These Wounds". Quel pezzo aveva come autore il signor Kjetil Ottersen, allora membro anche del progetto Fallen. Chi sono allora i Vagrant God? Oltre al già citato, troviamo la cantante Cecilie Langlie e Tom Simonsen, compagni di Kjetil anche in quegli Omit che nel 2011 ci regalarono "Repose" e a loro volta già coinvolti insieme nei Mandylion negli Havnatt, recensiti dal sottoscritto con la più recente uscita "Havdøgn". A completarne le linee vi è Shaun Taylor-Steels, batterista con trascorsi in realtà quali Anathema, My Dying Bride e Solstice, che non è però contemplato nei crediti dell'album in quanto abbiamo a che fare con una riedizione.
La prima esperienza eponima di questo progetto fu pubblicata infatti ben cinque anni or sono esclusivamente in cd-r e vedeva in scaletta la presenza di due strumentali che non sono stati reinseriti ("Vagrancy Theme" e "Solace"). Si tratta quindi di un ritorno alle origini di un sodalizio che ha dimostrato di saper comporre ottima musica e gestire le forti doti personali dei componenti, facendole divenire un punto di forza dei propri lavori.
Il disco è un lavoro particolare e dato che il modus operandi con il quale fu concepito è precedente rispetto alle altre uscite chiamate in causa vi renderete conto sin da subito come l'ascolto delle canzoni abbia in più di una circostanza delle linee di contatto evidenti con ciò che in seguito il gruppo avrebbe proposto. Si ha una maggiore fruibilità rispetto alle ambientazioni e al suono degli Omit dilatato, greve e melancolico, allo stesso tempo è possibile individuare il DNA originario di quella realtà in episodi come la doppietta che vede succedersi "To The Garden" e "In My Failings", che corrispondono anche alle vette più alte scalate e raggiunte dai Norvegesi.
"Vagrant God" è decisamente moderno e dalle caratteristiche alternative-nu spiccate, noterete infatti in più di una circostanza la presenza di passaggi e suoni di quello stampo. Non prendetelo però sottogamba, perché con episodi come "Perfect Innocence", "Ocean Bed" e "The Pathos Weavers" si rivela un album che riesce a essere struggente, aulico e portatore sano di un'emotività varia, guidata dalla splendida voce di Cecilie, suadente, ammaliante e affascinante come poche sue colleghe possono vantarsi di essere. Tutto ciò pur possedendo canzoni immediate, dalla forte carica melodica e rifinite dai sintetizzatori dolciastri ma eleganti; soltanto in alcuni frangenti probabilmente diviene fin troppo fruibile (ascoltate "Birds Of Leaving" per capire) o stranamente in stile Amorphis ("Insignia").
Qualche difettuccio qua e là mi tocca riscontrarlo: il più evidente risiede nella prestazione vocale di Tom, che preferisce graffiare e affrontare le sue sortite con un'impostazione roca non sempre efficacissima.
Quanto resta ancora da dire però torna a far acquisire punti ai Vagrant God: la produzione è veramente ben fatta, chissà quanto è stato impegnativo ridare luce alle canzoni e chissà com'erano le versioni originali. Scrivendo scrivendo, non mi sono accorto che son già arrivato per la terza volta alla traccia conclusiva "Mentor"…
Qualcuno potrà lamentare la mancanza delle pachidermiche espansioni atmosferiche care agli Omit, alcuni potranno criticare la scelta di infilare "Birds Of Leaving" giacché lievemente fuori contesto e forse sin troppo radiofonica rispetto alle altre, quello che vi consiglio però è di non trattare e ascoltare "Vagrant God" con la coscienza di ciò che è stato il seguito. Prendetelo per ciò che è: l'inizio di un percorso che la band sta riprendendo in mano, quando sembrava invece essere stato archiviato. Ovviamente il suggerimento vale per coloro che hanno avuto esperienze dirette con la musica del trio, mentre ai rimanenti non posso far altro che segnalare anche Omit e Havnatt fra i gruppi da seguire, a riprova che il trio Ottersen-Langlie-Simonsen non ne sbaglia una.