VESTINDIEN – Null
Gruppo: | Vestindien |
Titolo: | Null |
Anno: | 2021 |
Provenienza: | Norvegia |
Etichetta: | Dark Essence Records |
Contatti: | ![]() ![]() ![]() ![]() |
TRACKLIST
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DURATA: | 29:29 |
Per fortuna ogni tanto capita ancora di ritrovarmi tra le mani musica sorprendente, per un verso o per un altro, e Null, di questi quattro giovini di brutte speranze che rispondono al nome di Vestindien (l’ultimo bordello conosciuto di Bergen si chiamava così) rientra a pieno titolo nella categoria. Nati nel 2009 come gruppo hardcore-punk, Torjus Slettsnok e soci si sono fermati praticamente subito, dopo aver pubblicato soltanto l’EP We Are The Lords Of Hellfire, And We Bring You… Fire. nel 2011. Anni dopo il quartetto ha cominciato a spostare il mirino e ad allargarlo, per abbracciare uno spettro musicale più ampio e meno oltranzista, se vogliamo, ma comunque ben radicato nel malessere e nello schifo della vita.
Il risultato di questo allargamento arriva dieci anni dopo quel primo EP, e ci presenta i Vestindien come una band a cui non frega un accidente delle etichette, con un logo che fa un po’ il verso a quello dei Venom e a quello dei Celtic Frost. Null si apre con i quattro minuti e mezzo di “Mot Dag”, che parte lenta e malinconica tra chitarra acustica e sintetizzatori semplicioni ma d’impatto, e poi diventa uno strano e deforme mostriciattolo post-qualcosa, non convincendo proprio fino in fondo. Le vere mazzate arrivano con lo strillo che irrompe in “Beerenberg” — non si capisce se sia una voce umana o uno scherzo sintetico — e riporta subito a King Diamond e ai ruggenti anni Ottanta; il timbro di Slettsnok si sporca immediatamente e la musica si trasforma in una sorta di black’n’roll in cui l’heavy metal vince su tutto il resto. La sincopata “Meldrøye”, impreziosita da un bel dialogo tra chitarra e tastiera, sembra una danza cimiteriale tra fumo e laser, mentre l’immediatamente successiva “Null” potrebbe essere uscita dalle penne mangiucchiate di Fenriz e Nocturno Culto ma con un tocco melodico che fa molto e non poco per alzare il cornometro. L’attacco di “Ormegard” pare invece uscito da Bergtatt, mentre il resto del brano si sviluppa obliquo — obliquità che a occhio è il vero fil rouge dell’album — e incazzato; incazzatura che impregna anche “Ned”, forse il brano più lo-fi e vecchia scuola di Null. In fondo a questo strano e contorto corridoio c’è “Øst For Sol”, un pezzo che a me ha ricordato qualcosa a caso dei The Jesus And Mary Chain ma con molto più alcool e sostanze psicotrope.
In definitiva, Null è un breve ma intensissimo viaggio nelle menti malate di questi ragazzi, che in nemmeno mezzora hanno saputo condensare tutto il marcio che amano e, soprattutto, a dargli un senso compiuto che funziona quasi alla perfezione. Nella follia dei Vestindien si affollano tanti spettri, non ultimi quelli di Tom G. Warrior e di un certo Quorthon. Disco senza senso.