VIETAH – Smalisty Žah
Gruppo: | Vietah |
Titolo: | Smalisty Žah |
Anno: | 2010 |
Provenienza: | Bielorussia |
Etichetta: | Stygian Crypt Productions |
Contatti: | |
TRACKLIST
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DURATA: | 58:09 |
Vietah è il nome del progetto solista del musicista bielorusso Antarctics, progetto che presenta un ambient-black metal di chiara matrice Burzum e come per tanti altri prodotti di tale tipo in giro la prima domanda che mi son posto è stata: varrà la pena ascoltarlo? C'è troppa gente erroneamente convinta del fatto che con due accordi ripetuti per cinquemila volte o una Bontempi suonata alla cazzo e un paio di dissonanze si possano evocare emozioni nello stesso modo in cui Varg riusciva effettivamente a fare. Non conosco le reazioni di molti, ma il sottoscritto ha ascoltato parecchie rotture di palle denominate come "depressive" o "ambient black" negli ultimi due o tre anni, soprattutto "grazie" a consigli di gente che parla come se un neo-Burzum sbucasse da dietro l'angolo ogni venti secondi.
A ogni modo, una chance non la si nega a nessuno, quindi perché non darla anche al secondo lavoro di questo artista? "Smalisty Žah" in effetti mi ha sorpreso: nulla di trascendentale o che mi abbia fatto urlare al miracolo in terra, è però evidente che la lezione del norvegese sia stata appressa seguendo alla lettera i canoni impostati nei tempi che fecero del black un genere rivoluzionario. Lo stile "Filosofem" tiene ben salde le redini dei quasi sessanti minuti del disco, una buona prestazione sia dal punto di vista del riffato sia per ciò che concerne quello atmosferico.
Per quanto ci sia una palese riproposizione di cliché e di esecuzioni che vivono di cicli costanti, le tracce scorrono abbastanza bene, grazie anche alla bravura nell'accompagnarle con sintetizzatori ben calibrati e anch'essi debitori sino all'osso alla struttura eterea a cui il Vikerness diede le basi. L'uso della voce e la produzione sono le due caratteristiche che più si discostano dalla natura classica di questo sottogenere: la prima tende infatti più a un growl ringhiato che a uno scream, in questi giorni talmente strabusato e del quale manca solamente (o quantomeno spero non vi sia) la versione suoneria da cellulare; la seconda invece è forse leggermente troppo pulitina rispetto agli standard di un processo angosciante e depressivo (anche se è una vita che mi chiedo se sarò il solo che non si deprime con Burzum e percepisce altro in tale dilaniante incedere).
La chicca finale, se così la si vuole definire, è una cover di "Quintessence", brano storico del duo Fenriz-Nocturno Culto estratta da "Panzerfaust" e il cui testo venne composto proprio dal Conte Grishnack. La versione in questione è cantata in bielorusso e la musica sembra appartenere a un altro pezzo, non possedendo la stessa efficacia né il fervore oscuro emanato dall'originale.
In linea di massima ci troviamo dinanzi quindi a un lavoro che pur essendo discreto e sicuramente fra le reinterpretrazioni "burzumiane" una di quelle che si può ritenere degna, potrà comunque intrigare solo i devoti ascoltatori ossessivo-compulsivi di tali sonorità; se suono e potenziale ci sono, il carisma e la personalità del personaggio sono difficili da eguagliare. Piccolo valore aggiunto è la veste grafica egregiamente curata dal signor Christoph Ziegler in arte Vinterriket.
Nonostante tutto ciò, Antarctics potrà ritenersi soddisfatto, poiché lo scetticismo iniziale è stato in parte lenito dalla soddisfacente resa di "Smalisty Žah". Magari anche altri come il sottoscritto riusciranno col tempo ad apprezzare l'album, considerate quindi la possibilità di dedicargli un po' del vostro tempo.