VOID – Posthuman
I britannici Void sono una di quelle realtà che ami da impazzire subito o odi all’infinito. Nel 2003 pubblicarono il primo album Posthuman, con una formazione allora composta unicamente da due elementi: OCD (Matt Jarman) e Ionman (Kvohst/Mat McNerney, nel 2003 voce dei Code e futuro membro dei DHG).
OCD era già conosciuto nell’ambito metal per vari remix di brani appartenenti alle discografia dei Red Harvest e per la sua partecipazione in Aeon degli Zyklon: il suono della sua creatura parte da quel tipo di elettronica misto metal trovando aggancio in realtà come Thorns, Satyricon (Rebel Extravaganza) e i già citati DHG (666 International), un calderone particolare e difficilmente digeribile dopo un solo ascolto.
Posthuman è estremo, maniacale, ossessivo, perseverante nel macinante uso che fa della componente industriale. Permette l’affiorare di un grigiore intenso nei momenti in cui fraseggi di stampo darkwave zampillano fuori e, con il supporto di una voce scream più roca rispetto agli standard abituali, le tracce guadagnano una ruvidità scartavetrante. “Neutron Flux”, “Pathogen Bombshell”, “Syndrome”, “Future Horror Aura”, “Sulphur Horror Sickness”… i pezzi elencati hanno le caratteristiche e il mood adatto ad attrarre e coinvolgere, mancando però di quello spunto necessario a far fare un salto qualitativo netto.
Posthuman è un disco monolitico, un blocco che in certi momenti sembra essere talmente ben amalgamato da risultare un’unica entità, tendendo a risultare pesante all’orecchio. Una sensazione che un discreto numero di on air andrà pian piano cancellando: bisogna in primis entrare nell’ottica di un lavoro figlio del suo tempo, un tentativo di spostare l’asticella della cattiveria e della resa del panorama black-elettronico un po’ più in là. I Void tale punto l’hanno realizzato, ecco perché difficilmente si trova una linea guida nel giudicare la proposta.
Sono passati ben otto anni, hanno avuto non pochi cambi di line-up e problemi, alcuni dei quali parecchio tristi come la perdita dell’ultimo cantante Ben Lowe suicidatosi poco prima che uscisse il secondo capitolo omonimo. Avranno centrato il loro obiettivo? Avranno trovato il modo di fornire quel quid in più alle canzoni? Lo leggerete di sicuro sul nostro sito, intanto vi consiglio assolutamente d’iniziare da questo Posthuman, per il sottoscritto un disco che vale la pena possedere nella propria collezione.