WITH THE END IN MIND – Tides Of Fire
Quattro anni tra un disco e l’altro sono un intervallo assolutamente nella media, ma che può fare un’enorme differenza nell’economia di un gruppo. È il caso dei With The End In Mind, collettivo di Olympia (Washington) che sforna in questo 2020 Tides Of Fire, per la nostrana Avantgarde Music che si spinge fino all’estremo Occidente del Nuovo Mondo. Un disco che muta considerevolmente nella forma — e un po’ anche nella sostanza — rispetto a Unraveling; Arising.
La collocazione geografica, come ci insegna tutto il filone del black cascadico, è ormai una sorta di denominazione IGP: Tides Of Fire nasce sulle coste di una delle innumerevoli propaggini del Mar dei Salish (nome informale che indica lo Stretto di Georgia e che è riferito a una popolazione nativa del Pacific Northwest), specchio d’acqua che traccia per circa 200 km il confine tra Stati Uniti e Canada e separa l’enorme Isola di Vancouver dal continente nordamericano. Appena tre brani — di cui solo due sono canzoni vere e proprie — che abbracciano la Natura e analizzano il rapporto distruttivo che l’Uomo ha instaurato con essa: emblematico è il pezzo più atipico del disco, “May The Name Of Truth Be Fire”, una profezia parlata che mette in guardia dall’ossessione smodata del progresso.
Il (post) black metal dei With The End In Mind è leggermente meno esplicito rispetto ai vicini di casa Wolves In The Throne Room, Alda e altri, tuttavia è ricco di sfumature e sa essere furioso, ma anche pacato e riflessivo all’occorrenza. Quello che una volta era il progetto personale di Alex Freilich, adesso è un quintetto con alcuni ospiti di contorno: due batterie, percussioni varie nonché viola e violino, oltre a diverse voci parlate, urlate, maschili, femminili… La proposta degli statunitensi non può che trarre giovamento da un piatto così ricco, assumendo caratteristiche che portano l’ascoltatore su un piano spirituale, ma in un senso terreno e primitivo.
I tre quarti d’ora di Tides Of Fire scorrono benissimo, nonostante la durata importante dei pezzi. I With The End In Mind tengono fede al loro nome e hanno sicuramente la fine nei loro pensieri, ma anche il nuovo inizio in cui la Terra si riprenderà quanto le è stato tolto, giunti all’inevitabile fine della specie umana in un futuro indefinito (“Returning, Reclaiming”): un concept quanto mai attuale — e non dubito che lo sarà ancora a lungo — accompagnato da un’estetica semplice ma molto curata. Che si tratti di black cascadico o di qualsivoglia altro genere che abbia a cuore l’ambiente e l’avidità umana, il messaggio è sempre lo stesso, come recitano i versi del poeta statunitense Robinson Jeffers, tratti dal componimento The Answer e posti in apertura al disco:
«Integrity is wholeness, the greatest beauty is organic wholeness, the wholeness of life and things, the divine beauty of the universe. Love that, not man Apart from that, or else you will share man’s pitiful confusions, or drown in despair when his days darken.»