WODE – Servants Of The Countercosmos
Appena un anno è trascorso da quando i britannici Wode sfornarono il debutto eponimo, del quale conservo un buon ricordo, sebbene non si trattasse certamente di un’uscita imprescindibile. Forti di un contratto con la nostrana e sempre affidabile Avantgarde Music e con una bellissima copertina (che mi ha ricordato in qualche modo alcuni scenari apocalittici rappresentati da Paolo Girardi) come presentazione, i Nostri proseguono il proprio percorso artistico con il nuovo Servants Of The Countercosmos.
L’accoglienza riservata all’ascoltatore da “Crypt Of Creation” è inquietante, rigonfia di un’atmosfera opaca e sinistra propiziata sia dalle melodie un po’ acide che dall’effettistica nebbiosa ed evocativa: accorgimenti propedeutici alla preparazione del terreno su cui verranno riversate le venefiche successive colate musicali. Mutando parzialmente le coordinate dell’esordio, i Wode fanno convergere la propria creatività all’interno di uno stampo Black Metal sulfureo e incalzante entro cui si concentrano, si amalgamano e si scontrano varie sfumature e ispirazioni ripescate ad ampio spettro dagli ultimi trent’anni di estremismi; da rimarcare l’ottima capacità di mescere il tutto con sapienza ed equilibrio, ottenendo un risultato omogeneo e compatto.
Sia ben chiaro, comunque, che non sto parlando di un album pionieristico o sperimentale, bensì di un compendio di stili tutt’altro che sconosciuti; quindi, nel caso in cui alcuni di voi fossero alla ricerca di innovazione, sappiate che non sarà questa la recensione che potrà soddisfare i vostri turpi desideri.
Il quartetto di Manchester si appoggia ad alcuni elementi fondamentali delle strutture cafone e arrembanti tipiche dell’ultimo corso stilistico dei Darkthrone (emblematica in tal senso la selvaggia “Celestial Dagger”), per poi prodursi in feroci e pestilenziali deflagrazioni di svedese memoria, sulle quali aleggia spesso e volentieri la pesante ombra dei Dissection.
L’intero lavoro viene poi plasmato con una morbosa aggressività al cui interno è semplice rintracciare quelle venature stilistiche caustiche e rabbiose che fuoriescono quando costruzioni quadrate e opprimenti vengono inondate di rabbia compressa: insomma, avrete ormai capito che vi sto parlando degli elementi tipici del Black Metal che si muove in prossimità di quel confine mefitico che lo separa dal Death Metal, un confine che non viene mai davvero oltrepassato, pur facendo sentire chiaramente la propria vicinanza.
A quanto descritto finora si aggiunga un ottimo apparato melodico, che fornisce all’album un carattere tanto sfrontato e accattivante quanto emotivamente coinvolgente, e otterremo trenta minuti di musica che potrà senza alcun dubbio essere di gradimento per tutti coloro che sono alla perenne ricerca di tali burrascose e sferzanti espressioni artistiche.
Se le oscure invocazioni al Caos, il Black Metal e l’impetuoso livore di una corrosiva corruzione spirituale sono il vostro pane quotidiano, Servants Of The Countercosmos è un’opera indiscutibilmente adatta alle vostre passioni.