WOE – Legacies of Frailty
A volte una pausa di riflessione fa bene. Gli americani Woe erano assenti dalle scene da sei anni (se escludiamo l’EP A Violent Dread del 2019, composto da un brano inedito e una cover) e viste le attività extra-musicali del mastermind Chris Grigg, tra una startup e un lavoro come web developer, il timore che il progetto fosse stato messo da parte a tempo indeterminato poteva presentarsi.
Il 2023 ha invece portato segni di rinnovata vita e attività. Tornati alla forma di one-man band del debutto A Spell For The Death Of Man del lontano 2008, i Woe si compongono ora del solo Grigg con l’aiuto del batterista Lev Weinstein su alcune tracce. Il processo compositivo era comunque rimasto saldamente accentrato sul polistrumentista quindi non ci sono sorprese da questo punto di vista.
Legacies Of Frailty accoglie l’ascoltatore con un breve intro di synth e chitarra, pochi secondi giusto per costruire la tensione e lanciare nel migliore dei modi la opener “Fresh Chaos Greets the Dawn”. Da qui in poi saranno oltre 45 minuti di assalto senza tregua: black metal atmosferico e melodico, con particolare enfasi sulle chitarre che reggono praticamente da sole tutta la parte melodica. In stile tipicamente USBM la complessità delle parti viene spesso costruita sovrapponendo tremoli e lead di chitarra, soluzione che ricorre in acts come Ash Borer e Vanum. La produzione, appannaggio dello stesso Grigg, è perfetta nel dare al sound una patina quasi ovattata, che richiama gli albori lo-fi del black scandinavo ma mantiene un preciso bilanciamento tra gli strumenti.
Da un punto di vista musicale Legacies Of Frailty si distingue da tante uscite nel genere per le parti cantate particolarmente rabbiose paragonabili a certi Panzerfaust, invece del consueto scream riverberato “atmosferico” di tante voci black, e per un frequente ricorso a ritmiche heavy-thrash e una costante propensione al headbanging, una caratteristica che aiuterà molto in caso di attività live. Il punto forte degli Woe resta la perfetta padronanza dell’uso della dinamica: nonostante l’arsenale di strumenti si limiti a chitarra, basso e batteria con sporadiche parti di synth, ogni brano comunica perfettamente la differenza tra le parti più calme e l’aggressione più roboante, eoni al di sopra del piatto “loudness” di certe produzioni anche blasonate. Notevole anche lo sforzo dedicato ai testi, lunghi e profondi e mai banali o già sentiti, dedicati a un esistenzialismo cupo e pessimista.
Tirando le somme, gli anni di attesa e il reset alla lineup sono valsi per ottenere un lavoro Legacies Of Frailty, un’opera matura e completa degna di un posto in bella vista nel panorama black melodico americano.