WORMROT – Hiss
Quello dei Wormrot è un nome che all’interno della scena grindcore non ha bisogno di grandi presentazioni. A differenza di quanto accade spesso nel genere, però, la formazione di Singapore possiede una discografia piuttosto contenuta nonostante i quindici anni di attività. Hiss, uscito a inizio luglio su quel mostro sacro del genere che è Earache Records, è infatti solo il quarto album dei Nostri.
I sei anni di silenzio trascorsi dall’uscita del precedente Voices non sembrano aver raffreddato lo spirito del terzetto. Anzi, nuove situazioni e nuovi problemi — basti pensare soltanto a quanto accaduto negli ultimi due anni — hanno gettato benzina sul fuoco interiore dei singaporiani. Il risultato sono ventuno rasoiate, spalmate su una buona mezz’ora, di grindcore furioso e abrasivo in cui non manca una certa dose di sperimentazione. Mi rendo perfettamente conto che il termine sperimentale sia incredibilmente inflazionato e usato molto spesso a sproposito, ma ritengo che questo non sia il caso di Hiss.
Dalle prime battute l’album non sembra distanziarsi molto dalle coordinate stilistiche dei lavori precedenti: brani veloci, segnati da una gragnuola di blast beat e da riff che strizzano l’occhio al thrashcore, influenza che emerge con prepotenza in episodi come “When Talking Fails, It’s Time For Violence” o nel finale di “Voiceless Choir”. Con il procedere dell’ascolto, però, ci si accorge che i Wormrot hanno deciso di aggiungere spunti ed elementi nuovi. Le dissonanze e gli inserti di rumoristica di “Your Distopian Hell”, oltre a essere coerenti col titolo del pezzo, mi ricordano alcune delle sperimentazioni di Feed Them Death, mentre le percussioni tribali e la voce effettata di “Pale Moonlight” strizzano l’occhio ai brani remixati contenuti nell’ultimo album dei Chepang. Ancora più interessante, a mio avviso, la collaborazione con la violinista Myra Choo. Se in “Grieve” lo strumento a corda, accompagnato da una bordata di blast beat, risulta angosciante, nella conclusiva “Glass Shards” contribuisce a costruire atmosfere inequivocabilmente post-rock.
Hiss dimostra come i Wormrot non solo abbiano raggiunto la piena maturità, ma che non temano nemmeno di uscire dagli schemi. Mescolando senza soluzione di continuità influenze e accorgimenti diversi, dall’hardcore al black metal, dal growl più cupo al parlato, il gruppo ha saputo costruire un disco che nella sua varietà risulta solido e coerente, soprattutto nei brani più lunghi e articolati. Concludo con una nota amara: quello che al momento è il migliore lavoro della band di Singapore è anche l’ultimo a vedere la partecipazione del cantante Arif. Come annunciato in una nota a maggio, il co-fondatore ha deciso di fare un passo indietro a causa di problemi legati alla sfera personale: il resto della formazione proseguirà il suo percorso, ma sarà la stessa cosa?