Yaaroth - The Man In The Wood | Aristocrazia Webzine

YAAROTH – The Man In The Wood

Gruppo: Yaaroth
Titolo: The Man In The Wood
Anno: 2023
Provenienza: Stati Uniti
Etichetta: I, Voidhanger Records
Contatti: Facebook  Bandcamp
TRACKLIST

  1. Ancient Sea Town
  2. The Subterranean Stench
  3. God Of Panic
  4. They Seek Baryba
  5. Cassap
DURATA: 42:24

C’è poco da fare, il fascino che il doom d’altri tempi — quello dei Black Sabbath prima, Candlemass e Saint Vitus poi — è sempre molto forte e continua a generare epigoni. Anche in casa I, Voidhanger, di solito impegnata con ben altre sonorità: gli Yaaroth sono una delle ultime creature che hanno visto la luce sull’etichetta nostrana e non fanno minimamente mistero delle loro influenze, che però non si limitano al doom.

Gli Yaaroth nascono come Yarrow nel 2011, allora quartetto e oggi duo composto da Dan Bell — polistrumentista e mente del tutto — e Samuel Nells alla batteria. Un EP nel 2015, dopo il cambio di nome, è il punto di partenza per questo The Man In The Wood, uscito nel 2020 e ristampato quest’anno: un viaggio indietro nel tempo tra tradizioni acustiche e tendenze più pesanti.

“Ancient Sea Town” dipinge un paesaggio pacifico, tra onde e stridii di gabbiani, una breve intro per “Subterranean Stench”: marcatamente doom con i suoi riffoni alla Iommi, ma a spiccare su tutto è la voce di Bell, che si mette in mostra con un ibrido tra Jim Morrison/Ian Astbury e Messiah Marcolin. Tutto sommato un pezzo standard, che scorre molto bene tra un cambio di tempo qua, uno di tonalità là e qualche assolo. Il registro cambia nettamente con “God Of Panic”, che pesca a piene mani dal folk britannico di gente come Pentangle e High Tide, inclusa quella componente di proto-prog che imperversava nei tardi anni ‘60 e primissimi ‘70.

Le soluzioni che si trovano su The Man In The Wood sono sempre azzeccate pur non essendo — ovviamente — innovative, frutto delle capacità di Bell che si destreggia benissimo praticamente con qualsiasi strumento. Il basso si adatta sempre al contesto, granitico nei momenti più doom, quasi assente nei frangenti acustici o minimali (la parte d’organo centrale di “They Seek Baryba”) e infine indomito e creativo quando viene fuori il lato più classic rock del duo: la lunga ed elaborata “Cassap” su tutte, che per me vince la palma di miglior momento del disco.

Mi ero deciso a scrivere di The Man In The Wood dopo aver ascoltato qualche spezzone sparso, senza sapere poi cosa aspettarmi concretamente una volta arrivato il momento di un ascolto approfondito. Sicuramente non una qualità e una varietà simile: gli Yaaroth riescono a far propri gli insegnamenti dei pionieri di più di un genere, rielaborando e dando origine a un ottimo lavoro.