YAWNING MAN – The Revolt Against Tired Noises
Me lo ricordo bene, era il 15 giugno 2011 e una versione di me poco più che ventenne, in compagnia di gente più o meno raccomandabile, decideva di mettersi in macchina verso Latina per assistere a una serata di musica dal vivo che sembrava promettente e alla quale partecipava, tra gli altri, anche un gruppo stoner locale, gli Elephante, di cui aveva sentito parlare piuttosto bene. Sulla locandina figuravano anche gli Yawning Man, che all’epoca ancora non conoscevo, come headliner. Fecero un concerto da paura, mi piacquero da pazzi e appena tornata a casa decisi che dovevo assolutamente riascoltarli: adesso provate a mettervi nei miei panni e immaginate quanti chilometri sottoterra mi scese la mascella dopo aver letto che la band dei fratelli Lalli non solo era in giro dal 1986, ma era anche una delle prime ad aver dato il via al fenomeno musicale del desert rock. Avevo assistito a un evento musicale pubblicizzato anche abbastanza poco, ma di enormi proporzioni, a pochi chilometri da casa, in una bellissima villa, circondata da gente di vario tipo e rendendomi conto di tutto questo solo a posteriori: da fan dei Kyuss provai un’enorme vergogna.
Tralasciando le sviste di gioventù, gli Yawning Man mi hanno poi accompagnata negli anni a venire e parlarvi oggi della loro nuova fatica in studio, The Revolt Against Tired Noises, non solo è un onore, ma anche un modo per fare ammenda. Sono passati tredici anni dall’esordio Rock Formations e il tempo si fa decisamente sentire, la formazione è ormai assestata a Gary Arce alla chitarra, Bill Stinson alla batteria e (solo) Mario Lalli al basso, arricchita in questa pubblicazione da Rob Peterson e Mathias Shneeberger (alla tastiera nelle prime cinque tracce). Faccio partire il disco ed ecco che “Black Kite” e le sue atmosfere impalpabili ed eteree mi catapultano nella lontana California, mentre la title track mi rapisce con i suoi arpeggi sognanti e le sue distorsioni mai invadenti, anzi discrete e oserei dire delicate.
Gli Yawning Man si sono affermati come band strumentale e lo sappiamo; il disco, però, riserva due sorprese vocali da parte di Mario Lalli, già alla voce anche nei Fatso Jetson: “Grant’s Heart”, in cui la sezione ritmica si impone a mani basse, e la leggendaria “Catamaran”, resa celebre dall’interpretazione che ne diedero i Kyuss in “…And The Circus Leaves Town” e che finalmente viene inserita per la prima volta in un disco in studio del gruppo che l’ha artisticamente partorita. Se “Violent Lights” si arricchisce di echi e di psichedelie, la cadenzata “Ghost Beach” — pubblicata come singolo, con Rob Peterson alla batteria — ci riporta all’essenza della band: melodie di sottofondo che si ripetono e variano allo stesso tempo, arricchite da armonie, distorsioni e piccoli accorgimenti che ci catapultano in brani in continua evoluzione, eppure mai completamente stravolti rispetto al loro fulcro originale.
Sono passati trentadue anni, però per nostra fortuna gli Yawning Man hanno ancora energia, inventiva e tanto, tanto da dire. Non si diventa certo leggende del desert rock per caso, è chiaro, ma qua vogliamo proprio esagerare. The Revolt Against Tired Noises sta bene con tutto e per fruirlo al massimo è necessario ascoltarlo più volte, perché la carne al fuoco è tanta; già dopo un primo ascolto, però, ci si rende conto di avere tra le mani un prodotto di qualità. Mi inchino a questo dinamicissimo trio di musicisti e chiedo scusa ancora una volta a nome dell’Elisunn quasi ventiduenne di allora: se mai ci rivedremo in sede live, non mi farò trovare mai più impreparata.