YSENGRIN – Tragedies – Liber Hermetis
Ai più attenti fruitori dell'underground estremo il nome Ysengrin non sarà sicuramente passato inosservato. La formazione guidata da Guido Saint Roch (strumentazione e voce) è un'interessantissima e alquanto intelligente espressione di come il termine «esoterico» sia capace di acquisire valore, se supportato da una qualità musicale e da una ricerca nei testi che permettano una connessione diretta con la dottrina di riferimento. Autore già nel recente passato di lavori pregevoli quali il debutto "T.R.I.A.D.E." e "Archivum MMV-MMX", mentre non ho avuto ancora il piacere di ascoltare lo split con i Borgia intitolato "Ars Magna Moriendi" e "Alchimete", l'artista transalpino rilascia in questo 2011 la sua seconda creatura "Tragedies – Liber Hermetis".
L'opera in questione si muove su un ampio spettro sonoro, le influenze assorbono la naturale bontà e primordialità del black, del doom e del death metal, elaborandole, smontandole e ricomponendole, facendo fluire in maniera istintiva soluzioni elementari e dal piglio avvolgente, oltre a fraseggi di buonissima levatura tecnica. Le tracce infatti possiedono uno svolgimento che fa del mutamento e della capacità di coniugare le diverse correnti in corsa un'arma fondamentale.
Per il sottoscritto diviene complicato scegliere quale sia la componente che più esalta il disco: escludendo dal gioco il campo atmosferico, sinceramente impossibile da non inserire come prima argomentazione a favore di un lavoro del calibro di "Tragedies – Liber Hermetis", non rimane altro che godere delle dissonanze sparse che rimbombano nel cervello, facendosi strada in "Concvpiscentia", e della vena quasi rock di certi passaggi interni a "Satvrnia Regna". Inoltre è possibile approfondirne il lato poetico e ricercato in "Poeterie Gibeline", un estratto dall'italianissima opera di Guido Guinizelli, autore emiliano e ghibellino del 1200; traccia nella quale è fantastica la prova dietro al microfono dell'ospite M. (Skoll e Opera IX fra gli altri), capace di creare un equilibrio perfetto fra una prova aggressiva e tagliente e una più riflessiva e sospirata.
Già queste peculiarità, peraltro legate alla parte in apertura del disco, basterebbero a conquistare l'attenzione, per nostra fortuna c'è ancora tanto da poter apprezzare, iniziando dal fatto che il secondo musicista che si ritaglia i propri spazi internamente a questo mosaico arcano è quel Kalevi Uibo che conosciamo per l'esperienza ormai conclusa con i devastanti Bloody Sign. Il chitarrista è intarsia "Non Povrtant Je Vy Choses Horribles Et Merveillevses Sans Fin" con l'utilizzo di strumenti medievali e si propone nel ruolo di solista in "Hors Dv Siècle".
Se ciò ancora non bastasse, eccovi servito un brano dell'intensità di "Temphomet", cangiante e ideale a sferrare un assalto quanto a sorprendere con la pacatezza acustica che irrompe spezzandone il corso, un attimo essenziale che lo conduce a un'evoluzione traboccante di feeling heavy oscuro.
Potrei dilungarmi asserendo piacevolmente che gli intermezzi "Crvcifiement" e "La Grandissolvtion" con la loro sommessa quiete aumentano la carica ritualistica esplosiva delle canzoni di spessore e durata più influente; che l'operato di batteria di Aboth è di quelli che sanno sia far male che mantenere costantemente alta la tensione; che la produzione curata dallo stesso Guido e da Fureiss (ex Celestia) abbia evitato la pulizia forzata, a cui troppo si fa ricorso odiernamente, bilanciando una buonissima resa sonora con l'immissione di quel pizzico di ruvidità che mantiene vivida e pulsante l'essenza di un "Tragedis – Liber Hermetis". Insomma potrei seriamente candidare il disco come acquisto da fare urgentemente. E come vedete l'ho già fatto, non avrei dovuto, ma è andata così.
Basta, adesso mi rimane solo da ripremere il tasto play e riascoltare il tutto, voi perché non cominciate a guardare in giro per accaparrarvene una copia prima che sia troppo tardi? Sarebbe realmente un peccato lasciarselo scappare.