ZERFALL – Zerfall
La Milano del male continua a partorire cose buie. Non siamo a conoscenza con precisione esatta di chi ci sia dietro il progetto Zerfall, ma dalla loro bio su Bandcamp sappiamo che a dare sostanza alle nere promesse del gruppo ci pensa gente navigata, passata anche tra le fila di Ras Algethi, Enoch, Distruzione Di Massa, Rostau e Funereal Luxuria. Fatte le dovute premesse del caso per una band senza profili social e con l’attitudine di chi musicalmente è nato nella prima metà degli anni ’90, chiudiamo il brevissimo capitolo dedicato alla presentazione e passiamo alla ciccia.
Zerfall è l’unico disco all’attivo, al momento, per il progetto — suppongo — meneghino: cinquanta minuti di piacevolissimo delirio prodotti e consegnati alle masse da Vomit Arcanus Productions. Doom? Ce n’è. Voglia di sperimentare con l’elettronica e i droni? Pure. Desiderio di fondere un immaginario psicotropo a base cosmica e musica del male? A bizzeffe. Chiaramente non è una proposta adatta a tutti, ma se non disdegni le litanie monotone del funeral, i rumori opprimenti e i suoni senza troppi rimaneggiamenti in post-produzione, potresti aver trovato pane per i tuoi denti.
La più grande premessa per poter godere appieno della musica degli Zefall, però, resta la curiosità verso l’ignoto. Di loro, come detto, si sa poco e nulla e il medesimo alone di mistero sovrasta i contenuti di Zerfall. «Zerfall is both music and concept, created to portray an event of civilization fall and cosmic annihilation», si legge su Bandcamp; se ci sono dei riferimenti precisi, però, i Nostri li hanno nascosti molto bene. A parte la resa in tedesco di disintegrazione per dare un nome tanto al progetto quanto al suo primo disco, la terminologia chiamata in causa è intrigante. A rimarcare il tema cosmico ci pensano gli Imhotep e Burian chiamati in causa in “Nova Imhotep (We Build The Stars)” e “Burian Mezhzvezdno”, rispettivamente i nomi di due asteroidi della cosiddetta fascia principale, situati tra Marte e Giove. A sottolineare, invece, la pars destruens delle intenzioni creative degli Zerfall ci pensano le due tracce che aprono e chiudono il lavoro: “Zeigeist Vernichtung”, con il suo spirito del tempo annientato, e la strumentale “Deletus”, participio passato aggettivale del verbo latino deleo (distruggere).
Musicalmente, Zerfall è un macello indescrivibile. Ha sicuramente il mood giusto per essere un disco cosmic, ma non ne ha i crismi. Potrebbe essere un disco drone-doom altamente allucinato, ma ha troppa violenza in corpo. Potrebbe essere la messa in musica di un’apocalisse mancata, ma non è un album war metal. Quello che so per certo, dopo l’ennesimo passaggio del disco per il mio impianto, è che lascia il segno. Le sezioni strumentali sono soppesate e ragionate, quelle cantate non seguono gli schemi classici tipo strofa-ritornello-strofa, mentre le evoluzioni che prendono i singoli brani non sono realmente prevedibili, come la traiettoria degli elettroni in corsa attorno al nucleo di un atomo. Al growl cavernoso misto a occasionali scream di chi canta, però, si affiancano chitarre taglienti come rasoi, bassi secchi e prepotenti, una batteria che più carnale e meno editata non si può e pacchi di tastiere che Rhapsody spostateve ‘n po’ dillà. Il risultato finale? L’annientamento. Il vuoto, quello siderale.
A conti fatti, potresti non aver sentito mai parlare prima degli Zerfall, come nel mio caso prima di imbattermici, ed esiste la concreta possibilità che non ne sentirai parlare mai più. Se hai letto fin qui, però, probabilmente dovresti recuperare il loro primo album. Perché quando il culto chiama, è dannatamente difficile non rispondere.