Discesa e ascesa: il viaggio oltretombale degli Zu

ZU – Terminalia Amazonia

Gruppo: Zu
Titolo: Terminalia Amazonia
Anno: 2019
Provenienza: Italia
Etichetta: House Of Mythology / Archaeological Records
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TRACKLIST

  1. Porta Arborea
  2. Memoria Antica
  3. Dimora Ancestrale
  4. Futuro Remoto
DURATA: 71:59

Capita spesso che gli artisti diano delle coordinate per leggere e assimilare le loro opere, una pratica che gli Zu hanno cominciato ad adottare dopo anni di ermetismo ai tempi di Jhator (House Of Mythology, 2017). Nelle note a Terminalia Amazonia — un disco mastodontico, vi anticipo, che merita un approfondimento degno delle pagine di Aristocrazia — raccolte da Tore Engelsen Espedal Massimo Pupillo spiega che dietro quest’album c’è la volontà di raccontare un percorso personale, del peso che assumono i sogni e del bisogno di fare nuove scoperte ed esperienze. Un racconto che passa attraverso diversi filtri e travalica l’oceano per arrivare, nientemeno, a un villaggio appartenente alla cultura Shipibo-Conibo sul fiume Ucayali (il ramo principale del Rio Delle Amazzoni), in Perù. È qui che gli Zu hanno vissuto a intervalli più o meno regolari nell’arco di quattro anni, entrando in contatto con la popolazione indigena e scrivendo con lei un rituale di discesa e ascesa simile al significato che nella Grecia Antica assumevano i misteri eleusini: la discesa nell’Oltretomba e la rinascita, un percorso che simboleggia l’eternità della vita di generazione in generazione.

Approcciando Terminalia Amazonia potrebbe venirvi istintivo (è capitato anche a me) pensare a un viaggio verso un altro mondo — e lo è, in termini mistici — ma i suoni che compongono le quattro tracce di questo disco vengono dalla Terra, lo stesso pianeta che abitate voi. Ciò che hanno fatto gli Zu in questi quattro anni non è il consueto lavoro di assimilazione/appropriazione culturale, ma un dialogo che si è sviluppato in parallelo tra loro, che sono musicisti provenienti dall’area mediterranea, e gli sciamani Shipibo. Il risultato è quasi un’ora e un quarto (ve l’avevo detto che è mastodontico) di musica, tra field recordings e sintetizzatori analogici. Il ritualismo amazzonico, fatto di registrazioni che ci forniscono uno spaccato del contesto ambientale con suoni naturali, voci e strumenti del luogo nascosto in mezzo alla foresta (teatro a cielo aperto di questo cerimoniale sui generis), si mescola senza soluzione di continuità con le atmosfere cosmiche evocate dalla strumentazione moderna e il retaggio psichedelico europeo portato da Pupillo e soci (nell’occasione Jacopo Battaglia, Luca Tommaso Mai e Lorenzo Stecconi).

“Porta Arborea” è il principio di questo viaggio, di questa discesa oltretombale: veniamo avvolti dall’aria densa di umidità mentre un nativo respira col filtro di uno strumento a fiato, il rumore bianco diventa un tutt’uno coi ronzii indistinti e lo scorrere del fiume si unisce al flusso dei sintetizzatori, siamo in contemplazione. Non c’è un reale confine tra noi e quella che convenzionalmente chiamiamo natura, per gli Shipibo semplicemente non esiste, non siamo circondati dall’ecosistema, ne siamo parte integrante e da esso dipendiamo. Ce lo ricorda “Memoria Antica”, in cui il canto rituale del Maestro Oscar si intreccia ai suoni sintetici Roland, Octave-Plateau e ARP: uomo e natura diventano una cosa sola in questa rarefazione sonora che fa da preludio alla tappa successiva. Il raggiungimento della “Dimora Antica”, un nido di uccelli elettrici e apparizioni silvane, lo stato di trance primigenia da cui trarre la massima ispirazione per poi rimettersi in cammino. Quasi venti minuti per assorbire quanta più sapienza possibile prima di proiettarci, in ascesa, in direzione del “Futuro Remoto”: un titolo apparentemente ossimorico che punta lo sguardo verso un domani indistinto, lontanissimo e, perciò, ancora insondabile.

Con Terminalia Amazonia gli Zu resettano il loro spirito creativo facendoci vivere, attraverso i nostri timpani, la loro esperienza di esseri umani fra altri esseri umani custodi di una sacralità insidiata dall’ingordigia poco umana di quella cosa che, sempre convenzionalmente, chiamiamo progresso. Disco imprescindibile.