COFFIN BIRTH – The Serpent Insignia
I Coffin Birth ci permettono di compiere un tuffo nel passato con il loro debutto ufficiale The Serpent Insignia, disco chiaramente ispirato a quel death metal diretto e senza fronzoli di inizio anni ‘90. La scintilla che ha dato il via a questo progetto è stata la voglia di sperimentare nuove sonorità con il famoso pedale HM2 del duo Moschini-Mastrobuono, chitarristi in forza ai nostrani Hour Of Penance. Il risultato ottenuto, dal grande potenziale ma non adattabile allo stile della propria band principale, li ha poi convinti a investire tempo ed energie nella costruzione di un gruppo parallelo nel quale poter dare libero sfogo a quel bagliore metallico ancora allo stato grezzo.
Ad accompagnarli in questa avventura si sono quindi uniti Frank Calleja (cantante nei Beheaded), Francesco Paoli dei Fleshgod Apocalypse e Davide Billia (già compagno alla batteria negli Hour Of Penance). Death metal si diceva, come concepito e professato per diverso tempo da formazioni quali Entombed, Grave o Dismember, veri e propri padri fondatori di uno stile che ormai ha fatto storia. Fin dall’iniziale “Throne Of Skulls” è palese che i Nostri non hanno alcuna intenzione di fare prigionieri, colpendo l’ascoltatore dritto allo stomaco con riff asciutti ma non banali, ritmi martellanti e in generale un’attitudine dal sapore quasi punk. Se l’originalità non può essere citata tra i punti di forza nell’esordio dei Coffin Birth, la mezzora abbondante di musica che vi aspetta non vi concederà comunque respiro, per la felicità di chi è cresciuto con questo genere di sonorità nelle orecchie.
Pur cimentandosi con uno stile che appartiene a un altro periodo storico, la band non si limita a citare pedissequamente quanto fatto da altri ma rielabora invece la formula, ora enfatizzando la componente grind, ora lasciando più spazio a una vena death’n’roll di scandinava memoria. Senza mettere sul tavolo, per il momento, avventati paragoni con formazioni del calibro dei Bloodbath, assimilabili tuttavia per stile e nascita, non possiamo che fare un plauso al quintetto italo-maltese per la bontà del materiale proposto in The Serpent Insignia.
Produzione e copertina rientrano nei canoni del genere, rendendo giustizia alle idee riversate nell’esordio di un gruppo tanto improvvisato quanto degna di attenzione. Tecnica e passione di certo non mancano e se i Coffin Birth sapranno unire a queste due componenti anche una maggiore varietà e personalità nei suoni e nelle soluzioni adottate, spiccare nel panorama internazionale non sembrerà un’impresa così fuori portata.