Nei meandri dello stoner-doom con i Satori Junk

SATORI JUNK – The Golden Dwarf

Gruppo: Satori Junk
Titolo: The Golden Dwarf
Anno: 2018
Provenienza: Italia
Etichetta: Endless Winter
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TRACKLIST

  1. Intro
  2. All Gods Die
  3. Cosmic Prison
  4. Blood Red Shrine
  5. Death Dog
  6. The Golden Dwarf
  7. Light My Fire [cover The Doors]
DURATA: 59:56

Tre Aristocratici entrano in un angusto pub sul Naviglio Grande, in un freddo venerdì sera milanese. Sembra l’inizio di una barzelletta, non fosse che le radici di questa recensione affondano proprio nel preciso momento in cui la nostra umile delegazione ha fatto la conoscenza del buon Christian, chitarrista dei Satori Junk.

The Golden Dwarf è il terzo lavoro per i meneghini, dopo il primo EP del 2013 e il debutto eponimo di tre anni fa, un macigno lungo un’ora che fa tesoro degli insegnamenti degli Electric Wizard e dei loro epigoni. Il quartetto riesce a infondere la propria anima nell’opera, senza scadere nella mera imitazione e nella marmaglia di gruppi che affollano il calderone stoner-doom.

Gli ingredienti chiave ci sono tutti: chitarrone sature e ripetitività a manetta, la voce distante ed evocativa di Luke e una possente sezione ritmica; sia a livello strumentale che stilistico, però, i Nostri danno alle lunghe composizioni quel quid che le rende interessanti. Un esempio su tutti è la traccia in apertura, “All Gods Die”, che naviga in acque quasi jazz per gran parte del tempo prima di addentrarsi in territori più consoni al genere; nondimeno, i sintetizzatori anni ’60 che strizzano l’occhio al cinema horror d’altri tempi (“Death Dog”, “The Golden Dwarf”) e improvvise cavalcate dal sentore sabbathiano riescono a offrire una buona varietà al tutto. A chiudere in bellezza, su una nota di puro cazzeggio, una versione di “Light My Fire” dei The Doors opportunamente dilatata e portata alla ragguardevole durata di undici minuti, sotto l’effetto di fumi di chissà quale genere.

Il nano dorato dei Satori Junk è un essere ipnotico e sfaccettato, a partire dalla copertina molto artigianale: un lavoro che in termini di scrittura ed esecuzione riflette la genuinità dei quattro ragazzi, con alcuni leggerissimi dettagli che lo allontanano da una sterile perfezione e lo rendono più autentico. Per cui fate una buona azione: recatevi un venerdì sera al Wizard e chiedete a Chris di passare del male nello stereo. Non possiamo garantirvi che vi offrirà da bere, ma una buona birra e una serata in piacevole compagnia di esperienze di vita e aneddoti vari sono assicurate.