Pirkan - Pirkan

PIRKAN – Pirkan

Gruppo: Pirkan
Titolo: Pirkan
Anno: 2020
Provenienza: Ungheria
Etichetta: Sun & Moon Records
Contatti: Sito web  Facebook  Soundcloud
TRACKLIST

  1. Kismadár
  2. Túl A Vízen
  3. Bandukoljunk
  4. Van Li
  5. Köd-konda Támadt
  6. Altargan
  7. Pirkan
DURATA: 45:16

Fin troppo spesso il folk si riduce a essere l’idealizzazione distorta di epoche passate. Non è questo il caso dei Pirkan che, con il loro album omonimo uscito per Sun & Moon Records, dimostrano di essere di tutt’altra pasta.

La band magiara prende spunto da poesie contemporanee — ma non mancano le cover di brani classici — che vengono messe in musica con una originale commistione tra tradizione e modernità. All’ampio uso di strumenti tradizionali (cetra da tavolo, kobza, ghironda e un vario assortimento di fiati) si unisce, infatti, un sapiente dosaggio di sintetizzatori e di altri effetti digitali — questo spinge l’etichetta a parlare di folk psichedelico o addirittura di drone folk.

Non sono sicurissimo di queste definizioni, ma di certo Pirkan è un disco che crea un’atmosfera magica. Basta chiudere gli occhi e lasciarsi trascinare dalla musica per venire proiettati in mezzo alla puszta ungherese o ancora più lontano. Grazie alla presenza in alcuni brani del kargyraa e del tovshuur, rispettivamente una tecnica di canto e un liuto, entrambi di origine mongola, i Nostri ci trasportano nelle immense vastità delle steppe dell’Asia Centrale, verso la mitica terra di Jugra, patria ancestrale del popolo magiaro.

Se dovessi riassumere questo lavoro usando solo due parole, sceglierei senza il minimo dubbio mosaico ed equilibrio. I sette musicisti, tra cui diversi ex membri degli Scivias, altro gruppo ungherese di culto, sono riusciti a unire una serie enorme di input diversi — musicali e culturali — in modo tale che ognuno di essi sia collocato al posto giusto, senza scalzare e sovrastare gli altri, proprio come le tessere di un mosaico.

Un ottimo esempio è dato dal brano di apertura “Kismadár”, in cui al rincorrersi tra voce femminile e controvoce maschile si unisce il gioco tra i sintetizzatori, le percussioni e il resto degli strumenti. Questo inseguimento tra spunti eterogenei è una costante in tutte e sette le canzoni di Pirkan, che riescono così a mantenere una propria identità e riconoscibilità in un continuo alternarsi di amore e morte, gioia e tristezza. Un’oscillazione emotiva che è distintamente avvertibile tra un pezzo e l’altro: “Bandukoljunk”, dove il predominare dei fiati e una voce maschile carica di pathos trasmettono un senso di struggente malinconia, è seguita dalla trascinante “Van Li”, in cui incontriamo per la prima volta Qingele, musicista di origine mongola, e il suo bagaglio di influenze centro-asiatiche che si amalgamano con un sottofondo elettronico.

Pirkan è un album in grado di convincere a fondo. È complesso, coinvolgente ed è capace di rapire e far sognare anche i non amanti del folk come il sottoscritto. Mai banale e non scontato, è una piccola gemma nel suo genere.